Paese che vai usanze che trovi
La festa dei Morti il 2 Novembre
Le pasticcerie e i dolci delle feste prima di Natale
Dal capitolo 9 di Via XX Settembre, di Simonetta Agnello Hornby - Narratori Feltrinelli-pagg. 66-72
Palermo i tetti di Prizzi - Nino Belmonte
[...] La prima festa religiosa dopo il trasloco a Palermo fu quella dei Morti, il 2 Novembre. era
una festa importante, soprattutto per i piccoli: fino ai primi del Novecento era stata la sola in
cui ricevessero regali. Per tenere viva la memoria dei defunti e sottolineae la continuità tra vita
e morte si diceva loro che quei regali li avevano portati, per l'appunto i morti di famiglia.
[...]
I pupi di zucchero appartenevano a una tradizione secolare- chi la voleva rinascimentale, chi
islamica. Una volta papà mi aveva fatto entrare in un laboratorio e mi era stato spiegato come
si facevano:
[...] solo il davanti veniva pittato e decorato, dietro rimaneva grezzo. La fantasia dei pasticcieri
non conosceva limiti; usavano tutto quello che avevano a disposizione per abbellire i pupi: non
solo perline di zucchero e confetti, ma anche - con parsimonia, in quanto non commestibili -
bandierine di carta bianca, argentata, dorata, rossa, verde; stoffe per le gonne dei paladini;
merletti, veli e tulle per gli abiti delle damine, i tutù delle ballerine e i costumi delle danzatrici
esotiche; stagnola per le armature; legnetti e piume per gli elmi dei guerrieri, i cappelli dei
garibaldini e le acconciature femminili. Nelle buone pasticcerie i coloranti erano rigorosamente
naturali: pomodoro per il rosso, foglie e verdure per il verde, seppia per il nero e zafferano per
il giallo.
[...] I pupi ,invece, erano esposti sugli scaffali alle spalle del venditore insieme ai cestini dei
Morti: rotondi, di vimini, con dentro biscotti, frutta secca e di martorana- la pasta reale
dipinta talmente bene da che pesche, arance, fichi e castagne sembravano veri.
una ballerina, ma non sempre. I colori erano sgargianti, diversi da quelli che si vedevano in
pasticceria.
[...] Papà ci portò in una pasticceria di fiducia. Potevamo scegliere il pupo che volevamo, purchè
piccolo. A me piacevano quelli tradizionali, e ce n'erano tantissimi tutti magnifici.
Il piumaggio dei galli era un arcobaleno di colori, i paladini erano modellati e dipinti tali e
quali a statuette di porcellana. Poi c'erano altri personaggi che non riconoscevo, alcuni fieri, ,
altri romantici. Tra le figure femminili, le pastorelle, le damine e le ballerine con tutù di tulle
corto e gambe procaci erano molto popolari.
[...] Anche quell'anno lasciai il mio pupo intatto sullo scaffale accanto al letto per almeno una
settimana.: lo mangiavo con gli occhi. Solo dopo cominciai a leccarlo. I pupi di zucchero non si
rompevano ma si leccavano, prima di dietro, per non sciuparli. poi dove si voleva: la coda la
gonna, le mani l'elmo, fino a quando tutto lo zucchero non diventava leggero come una sfoglia,
e fragile. io aspettavo il momento in cui si rompeva, o tra le mani o a forza di leccate. Mamma e
Giuliana non interferivano: potevo spezzarlo immediatamente, ma una volta rotto smetteva di
essere pupo e ritornava zucchero, e in quanto tale mi era tolto. veniva messo in una scatola di
latta, nel riposto, a cui non potevo accedere a volontà: non faceva bene alla salute, e nemmeno
ai denti. Per questo mi leccavo il mio pupo con grande cura, poco e di frequente, e in posti
diversi. Certe volte, grazie a queste attenzioni lo facevo durare fino a Pasqua. L'ultimo mi fu
Ancora una volta un invito a leggere quest'autrice, ho troppi libri in lista d'attesa!!!
RispondiEliminaCiao Scake era da tanto che non scrivevo. L'impazzare di Halloween mi ha fatto venire in mente la descrizione della festa, che mi aveva interessata e che in parte ho riportato. Verrò a visitarti appena posso nel tuo blog. E' da un po' che non leggo tuoi pezzetti di vita. Carissimi abbracci.
RispondiEliminaLa Madame